CAPITANO PAFF

Speleologia
Descrizione itinerario

Il massiccio delle Grigne rappresenta la parte più occidentale delle Alpi Orobie. La sua complessa struttura geologica può essere semplificata come il sovrascorrimento da nord verso sud di quattro scaglie (Grignone, Grignetta, Coltignone e una quarta scaglia sepolta che costituisce il sottosuolo della città di Lecco). Tutte le scaglie presentano una stratigrafia pressochè analoga. La parte superiore è costituita da grandi bancate di Calcare di Esino, interdigitate con gli strati più sottili della Formazione di Buchenstein e di Wengen e con i calcari scuri e ricchi di sostanza organica della Formazione di Perledo-Varenna, che appoggiano sul Calcare di Angolo, a stratificazione sottile. Questa situazione fa sì che ogni scaglia si comporti come una struttura idrogeologica indipendente. La scaglia della Grigna settentrionale in particolare risulta sovrascorsa su quella della Grignetta all’altezza del Buco di Grigna ed è caratterizzata da una struttura sinclinale a scala chilometrica immergente da sud-est verso nord-ovest.
Le forme carsiche di superficie (doline, campi solcati, bogaz, etc.) sono largamente diffuse e oltre i 2000 m s.l.m. risultano facilmente visibili a causa dell’assenza di copertura vegetale. L’area sommitale in particolare presenta una delle più elevate densità di ingressi, spesso costituiti da pozzi a cielo aperto, dell’intero territorio nazionale.
Allo stesso modo il sistema carsico profondo è molto esteso e sviluppato presentando le caratteristiche proprie dei carsi alpini. Attualmente nel massiccio della Grigna settentrionale sono catastate oltre 1000 cavità per uno sviluppo complessivo di circa 65 km. Questi numeri rappresentano comunque solo una porzione infinitesima degli spazi ipogei sicuramente presenti all’interno della montagna lecchese. Le parti note riguardano quasi esclusivamente le regioni più superficiali del sistema carsico che presentano un andamento prettamente sub-verticale. Le morfologie più diffuse sono i pozzi cascata, spesso anche di grandi dimensioni e profondità, interconnessi da tratti di meandro. L’unica eccezione è costituita dalle parti più profonde del complesso del Grignone ovvero dai rami terminali di W le Donne, che presentano un andamento prevalentemente sub-orizzontale alternando tratti di forra attiva a gallerie fossili interessate da notevoli riempimenti.
L’abisso capitano Paff, la seconda grotta per profondità della provincia di Lecco e dell’intera regione Lombardia, presenta l’andamento più classico dei numerosi abissi presenti sulla montagna. Esso risulta infatti costituito da una successione ininterrotta di verticali di diverse profondità alternate a tratti di meandro fino alla partenza del pozzo finale (Alì Bhutto) profondo 163 m. La sala di crollo che si sviluppa alla base della verticale risulta occlusa da frana. Anche i rami laterali presenti non costituiscono eccezioni.
L’ingresso della cavità, che si apre in Moncodeno a quota 2175 m s.l.m., fu messo a catasto da speleologi milanesi negli anni ‘70 ma disceso solo diversi anni più tardi, nel 1987. I primi esploratori si arrestarono alla base del breve pozzo di ingresso davanti a una fessura verticale. L’anno successivo le esplorazioni vennero riprese da speleologi comaschi, torinesi e belgi che rapidamente raggiunsero la profondità di -795 m arrestandosi davanti a una massiccia frana alla base di un’imponente verticale. Qualche anno più tardi l’abisso fu nuovamente percorso e vennero alla luce alcuni rami laterali portando lo sviluppo complessivo della cavità a superare il chilometro.

L’abisso è uno dei più profondi dell’area (-795 m.) e presenta una struttura particolarmente complessa. La via per il fondo si sviluppa attraverso verticali anche di grandi dimensioni (P70, P100, P85, P163) intervallate da tratti di meandro. Non mancano i rami laterali, tra i quali Euphoria che raggiunge un fondo indipendente alla profondità di 400 metri circa.

Autore: Antonio Premazzi – SPELEO CLUB CAI ERBA – Progetto InGrigna!

Si ringrazia Federazione Speleologica Lombarda per l’utilizzo a titolo gratuito dei dati catastali delle grotte citate nel testo

Tracciato GPS

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