DUE MANI

Itinerari invernali
  • Località di partenza | BALLABIO
  • Difficoltà percorso | EE
  • Dislivello compiuto | 1700m
  • Altitudine massima raggiungibile | 1660m
  • Stagione consigliata | INVERNO
  • Tempo di percorrenza | 5h20′
Descrizione itinerario

Si raggiunge Ballabio con la nuova superstrada (ss 36 dir.); all’uscita dall’ultimo tunnel si trova una rotonda: prendere per Morterone e dopo qualche centinaio di metri, appena superato un ristorante (“Coyote ugly”), girare a sinistra in via Valderia. Qui si parcheggia l’auto e si può prosegue per qualche metro a piedi, fino a trovare l’inizio del sentiero 34 (640 m).
Si comincia a salire lungo un sentiero largo e acciottolato senza particolari difficoltà, sempre all’interno di un bosco. Dopo aver attraversato un torrente, la salita si fa un po’ più ripida e procede per tornanti, fino a raggiungere prima un edificio curato e poi, più avanti, uno che non lo è. Sul retro di questo edificio si trovano dei cartelli che indicano la direzione da prendere. Proseguiamo lungo il sentiero 34 ma subito dopo decidiamo di provare una deviazione. Poiché la nostra idea era di deviare il prima possibile per raggiungere l’attacco della ferrata, al primo bivio (non segnalato) prendiamo a destra e cominciamo ad attraversare puntando verso il versante opposto del monte. Raggiungiamo prima una casa e poi proseguiamo sempre sul sentiero sul retro della stessa (credo che questo luogo si chiami Baita Bongio): a causa della fitta vegetazione, tuttavia, il sentiero diventa sempre meno visibile. Compaiono però dei bolli rossi che ci aiutano a proseguire. Nonostante ciò, ci accorgiamo che non stiamo andando da nessuna parte e che anzi la possibile traccia che intravediamo sembra scendere. Decidiamo quindi di abbandonare questo tentativo e torniamo al bivio (questa deviazione ci costa circa venti minuti).
Continuiamo quindi a salire verso il bivacco Emanuela, incontrando prima un’altra piccola casetta e poi attraversando un bel bosco di betulle. Dopo un secondo bivio (siamo a quota 1100 metri circa; questa volta non tentiamo alcuna esplorazione), manteniamo la direzione segnalata dal cartello e cominciamo a salire più rapidamente in un canalino. Qui incontriamo per la prima volta (capiterà ancora) una slavina costituita da neve ghiacciata, ricoperta di erba. Procediamo con attenzione per evitare di scivolare e, ultimato il canalino, sbuchiamo proprio di lato al bivacco Emanuela (1240m; 50’).
Dietro al bivacco sale ripida una traccia che porta verso la vetta; mentre un’altra, quella che abbiamo percorso noi, prosegue verso destra in leggera salita. Manteniamo questa volta la direzione, anche se non sempre la traccia è evidente; in particolare, all’interno di un boschetto, la traccia che teniamo comincia a scendere e la cosa ci piace poco: fortunatamente, notiamo che più avanti una traccia sale di nuovo (sarà la stessa? sarà un’altra?) e punta verso un colletto pieno di alberi. Continuiamo quindi a scendere e, all’altezza giusta deviamo per raggiungere la traccia che sale. Continuando così, raggiungiamo rapidamente quel colletto che avevamo individuato dove, con molta soddisfazione, verifichiamo di avere finalmente raggiunto il sentiero 36 (bolli sui sassi), proprio alla fine dell’ultimo pezzo della ferrata (1300m; 1 h 15’). Ci troviamo esattamente sulla cresta sud del monte e possiamo finalmente goderci anche la vista dell’altro versante, dove svetta, più vicino di tutti, il Resegone.
Come da programmi, scendiamo rapidamente lungo il sentiero 36, incrociando in più punti le deviazioni per i tratti in ferrata, di cui raggiungiamo l’attacco abbastanza velocemente (940m; 1 h 45’). Vale la pena di notare come lungo la discesa ci siamo accorti di una traccia che attraversava in direzione del sentiero 34, confermando così la mia ipotesi che sarebbe stato possibile attraversare prima di quando lo abbiamo fatto noi.
Non sono in grado di descrivere e valutare correttamente la ferrata. Per chi volesse una relazione completa e una valutazione oggettiva, rinvio a questo link. Rimando inoltre alle note per una mia riflessione sulla difficoltà della ferrata. Completiamo la ferrata più rapidamente delle mie aspettative (in circa 75 minuti) anche se, con un po’ di rammarico, saltiamo l’ultimo pezzo (1270 mslm; 3h). Chissà perché infatti ricordavo che il torrione Discordia terminasse la ferrata, quindi ci siamo tolti l’imbrago una volta concluso quel tratto… giusto per accorgerci dopo cinque minuti che in realtà c’era un’altra deviazione per l’ultimo tratto (questa volta davvero) della ferrata.
Continuiamo comunque sul sentiero 36 in cresta, raggiungendo prima il colletto da cui eravamo sbucati prima, e poi incontrando l’arrivo del sentiero 34 che sale direttamente dal bivacco Emanuela (cartelli indicatori). La progressione in cresta offre una vista spettacolare. È stancante ma non troppo, offrendo una serie di saliscendi che però non sembrano particolarmente duri. In prossimità della cima, incontriamo un nuovo bivio, parzialmente segnalato: una traccia passa più bassa a sinistra, aggirando la cresta: sentiero più evidente ma un po’ scivoloso; un’altra traccia invece punta verso una ferrata o tratto attrezzato che però, viste le condizioni delle catene, eviterei di fare (io ho fatto una via di mezzo per valutare entrambe le opzioni). Infine, dopo aver attraversato un minuscolo nevaio, raggiungiamo la vetta (1648m; 4 h 5’), dove ci fermiamo per fare qualche foto e per mangiare qualcosa.
Dalla vetta si può scendere direttamente a Ballabio col sentiero 30 ma noi decidiamo prima di raggiungere anche lo Zucco di Desio (dalla cima, segnavia 33 prima e 31 poi). Inoltre, uno sguardo alla mappa mi convince che possiamo scendere dallo Zucco prima in direzione di Balisio (sentiero 31) e poi deviando a metà discesa verso il sentiero 30. Non so se leggo male la mappa o se la neve (a questo punto abbondante) copre i sentieri. Resta il fatto che dopo aver raggiunto lo Zucco (16XX; 4h 15′) ed esplorato un po’ in discesa, decidiamo che non era evidentemente giornata adatta alle improvvisazioni e torniamo alla cima del Due Mani (l’esplorazione oltre lo Zucco ci prende circa 10 minuti).
Scendere, dunque, come da piano originario, lungo il sentiero 30. Questo sentiero scende rapidissimo, inizialmente su prati, ed è segnalato da bolli blu. Anche se non è sempre evidente, se segue abbastanza bene, tranne in un paio di punti. In questi casi, il mio consiglio qui è quello di restare tranquilli: se i bolli non si vedono proprio, significa che la direzione è sbagliata. Si torni allora indietro fino all’ultimo bollo e si provi da un’altra parte fino a trovare questi bolli blu, che ci sono sempre e abbondanti ma non sempre evidenti. La discesa non offre altre grandi necessità di commenti. Si prosegue per prati all’inizio e poi per boschi, si incontra una costruzione (e una deviazione – da non prendere – per il bivacco Emanuela e il sentiero 34) e da qui in poi la pendenza del sentiero diventa molto più dolce. Anche i questo tratto all’interno del bosco incontriamo un bivio non segnalato ma, al solito, basta avanzare un po’, girarsi, e verificare l’esistenza dei bolli blu). Raggiungiamo Ballabio poco tempo dopo (700m; 5 h 20′).
Il sentiero finisce più a nord di dove abbiamo lasciato l’auto. Precisamente, lungo la via provinciale per Balisio e Pasturo, all’altezza di un benzinaio (sulla sinistra, da Ballabio verso Pasturo) e della pensilina presso una fermata del bus (siamo a circa 500 dalla rotonda all’uscita del tunnel). Saggiamente, avevamo lasciato la seconda auto proprio qui.

Punti di appoggio
Il bivacco Emanuela (1240 mslm) e il bivacco Locatelli – Scaioli – Milani (1648 mslm), sempre aperti.

Materiale necessario
Quello tipico da ferrata: imbrago, set da ferrata, casco, magari un cordino e un rinvio. Anche la lampada frontale nel caso si decida di partire, come noi, prima dell’alba. Per chi li sa usare, utili i bastoncini in discesa.
Una piccola nota sul materiale: per la prima volta ho voluto provare ad arrampicare con le scarpe da trail per essere più leggero nel resto della progressione. L’esperienza non è stata negativa ma richiede comunque un impegno maggiore. Forse più psicologico che fisico, perché manca un po’ di quella sicurezza data dalla stabilità delle punte più rigide di scarpe di avvicinamento o scarponi veri e propri rispetto alle scarpe da trail.

A cura di Paolo Balduzzi

Tutte le foto sono di Alessia Bergamini

Note

Mappe: Lecco – Valle Brembana, 1: 50.000 – Kompass 105; Le Grigne, Resegone di Lecco e Legnone, 1:35.000 – Globalmap

Sentieri utilizzati: 34; variante per il 36; 36-sentiero (in discesa); 36-ferrata (in salita); 34; 30. Dalla cima, abbiamo esplorato un po’ i dintorni usando i sentieri 33 e 31.

Condizione dei sentieri
La ferrata Simone Contessi è in ottime condizioni, così come i sentieri 34 e 36; la discesa lungo il 30 è poco agevole per diverse ragioni: il primo è che i segni non sono sempre evidenti (bolli blu). L’impressione è che sia segnata meglio in salita, quindi nel dubbio meglio scendere un po’ e poi girarsi per verificare che si è sulla strada giusta (i bolli ci sono sempre, solo che non sempre si vedono da sopra); il secondo è che il sentiero si snoda per buona parte (quella più alta) per prati, che in questa stagione sono appena stati abbandonati dalla neve: l’erba è lunga e bassa e rende scivoloso il cammino (non scherzo, stavo pensando di infilarmi i ramponi in discesa). Inoltre, l’erba copre ogni tanto la traccia di sentiero, rendendola poco visibile. Qualche commento anche sul sentiero 34: 1) vicino alla cima, il sentiero si sdoppia: una traccia passa più bassa aggirando la cresta sulla sinistra ma, ancora, in questa stagione appare un po’ troppo scivolosa; un’altra traccia invece punta per una “ferrata” che però, viste le condizioni della catena, eviterei di fare (io ho fatto una via di mezzo per valutare entrambe le opzioni); 2) dal bivacco Emanuela si può salire verso la cima oppure attraversare per arrivare verso la fine della ferrata. Noi abbiamo optato per la seconda scelta: questo attraversamento segue una traccia che inizialmente resta in quota e poi comincia a scendere. Il sentiero non è segnato, quindi bisogna sia seguire la traccia sia guardare bene in avanti, sapendo che prima o poi bisognerà risalire. A un certo punto, si incontra un bivio: noi, anche su indicazione dell’ottima relazione che avevo letto, abbiamo preso la traccia che scendeva.
Nessuna presenza di acqua, se non all’inizio (attraversamento di un ruscello a pochi minuti dalla partenza).

Tracciato GPS
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